In… Formazione: La Voce del Parroco

Custodire la vita

La Mentalità eutanasica e il testamento biologico/1

Abbiamo assistito in questi ultimi decenni allo sviluppo di movimenti d’opinione a favore dell’eutanasia sull’onda di casi clamorosi enfatizzati dai media (Terry Schiavo, Eluana Englaro, DJ Fabo…), per i quali tutto diventa gesto pietoso e in qualche modo giustificabile, dalla soppressione del figlio gravemente disabile alla sospensione delle terapie di sostegno vitale, alimentazione e idratazione nello stato vegetativo irreversibile.

La cultura secolarizzata, che esalta gli aspetti edonistici e utilitaristici dell’esistenza, ha diffuso un senso crescente di angoscia per il dolore e la morte, e una ripulsa per le espressioni fragili e decadenti dell’esistenza. Eminenti scienziati hanno firmato nel luglio 1974 un Manifesto sull’eutanasia nel quale si afferma che «è immorale la tolleranza, l’accettazione o l’imposizione ad altri di sofferenza inutile», nell’idea che impedire a una persona sofferente di togliersi la vita equivale a imporle la sofferenza, facendo così dell’eutanasia non solo un diritto civile, ma addirittura un dovere morale. Per molti il concetto di eutanasia coincide, infatti, con quello di dignità della morte o con quello di umanizzazione del dolore e della morte. 

L’ideologia della qualità della vita, basata sui criteri prestazionali ed efficientistici, sta favorendo la pratica del Living Will o testamento biologico. Con questo testamento una persona chiede ai famigliari e al personale sanitario che, qualora si venga a trovare in uno stato di grave sofferenza o di condizioni di vita qualitativamente scadute e non possa disporre di sé, siano sospese le terapie specifiche e persino le terapie e le cure di sostentamento vitale. Si parla, più propriamente, di direttive anticipate o, meglio, di dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT); il termine direttive sta a significare un’obbligatorietà nell’applicazione delle indicazioni date previamente dal malato, mentre nell’espressione dichiarazioni anticipate lascia aperta la porta a una decisione clinica che, pur tenendo conto delle volontà precedentemente espresse dal malato, le attualizza nel contesto reale in cui la persona non più competente si trova ad essere.

Una forma di testamento biologico prevede che, oltre a indicazioni sulle proprie preferenze, la persona indichi un soggetto che, in caso di sua impossibilità a decidere autonomamente, sia autorizzato a intervenire nel processo decisionale insieme con i medici.

Don Massimo, vostro Parroco