In… Formazione: La Voce del Parroco
Custodire la vita
La Mentalità eutanasica e il testamento biologico/2
In linea di principio un documento del genere non è illecito, perché un soggetto ha diritto ad essere il protagonista delle scelte cliniche che lo interessano e i suoi legittimi desideri devono essere vincolanti per l’operato dei medici. Il fatto è che l’esperienza dei paesi che già hanno legalizzato le DAT, come l’Olanda e la Francia, ammette il diritto non solo di sospendere terapie sproporzionate, ma anche di sospendere alimentazione e idratazione, scivolando de facto in forme di eutanasia passiva, anche se viene ufficialmente negata la natura eutanasica di queste pratiche: lo sfondo ideologico è quello della ragionevolezza di decidere, in determinate situazioni, la propria autodistruzione.
Un preteso diritto a darsi la morte non è, però, ragionevole perché comporta l’autodistruzione della persona stessa, mentre i diritti riguardano la realizzazione e la crescita della persona. Non esiste neppure un dovere del medico ad assecondare qualunque desiderio del malato, ma solo i desideri legittimi. Anzi a ben guardare, l’eutanasia, sia nella forma dell’abbandono o astensione terapeutica, quando la terapia avrebbe ancora ragione di essere praticata, sia nella forma della soppressione attiva tanto di consenziente o richiedente quanto dell’incapace di esprimere una deliberazione, è soltanto un altro volto dell’accanimento, è l’estremo approdo della superbia umana che cerca di impadronirsi della vita e, quando questa sfugge, nonostante tutto, al suo controllo, cerca allora «di impadronirsi della morte, procurandola in anticipo». Il dramma del dolore e della malattia merita umano rispetto e profonda compassione, ma non può trasformare la morte in un diritto e in un espressione di libertà.
Don Massimo, vostro Parroco