LETTERA DEL VESCOVO ERNESTO
ai Presbiteri,
ai Religiosi ed alle Religiose,
ai Fedeli della Diocesi di Sabina-Poggio Mirteto

LINEE PASTORALI

PER L’ANNO 2013-2014

CAMMINARE INSIEME: UNA GRAN FATICA

Carissimi fratelli,
desidero condividere con tutte le realtà ecclesiali della Diocesi queste linee pastorali che rappresentano un primo passo verso la formulazione di un piano pastorale diocesano. Preferisco per ora parlare di linee pastorali e non di piano pastorale e questo per alcuni motivi ben precisi.

  1. Innanzitutto un piano pastorale richiede un tempo lungo di discernimento e di condivisione. E’ da due anni che cammino con voi come vostro vescovo: con molta semplicità vi dico che, pur sentendomi in grado di fornire delle indicazioni chiare, non posso dire di conoscere la realtà così bene da poter fare quella sintesi che un piano pastorale richiede. Un piano pastorale non nasce dalla testa del vescovo ma da un confronto e da un ascolto vero, paziente e deve essere l’espressione di tutta la storia e di tutta la ricchezza di una chiesa.
  2. In secondo luogo mi sembra che la nostra chiesa diocesana (e spero che nessuno si offenda!) non sia in grado attualmente di recepire in modo reale un piano pastorale condiviso: ci si conosce poco, ci sono forti campanilismi, ci sono differenze fra le Comunità parrocchiali (anche geograficamente vicine) veramente esagerate. Per non parlare poi delle varie esperienze di fede presenti in diocesi, certamente positive, ma spesso completamente scollegate tra di loro. Non è una visone negativa la mia, né tanto meno voglio disconoscere un percorso fatto in passato: semplicemente e francamente devo però dire che occorre cercare su alcuni punti essenziali una maggiore comunione di intenti e di scelte. Spingere adesso il piede sull’acceleratore significherebbe forse fare un cammino comune, ma questo cammino rischierebbe di assomigliare molto al cammino del popolo di Israele nel deserto: camminavano, ma soprattutto mormoravano! Nel Libro dei Numeri c’è il racconto bellissimo degli esploratori inviati da Mosé in ricognizione nella terra promessa. Al ritorno gli esploratori raccontano di questa terra meravigliosa, ma riferiscono anche che sarà impossibile entrarvi: le difficoltà sono troppo grandi per il piccolo popolo di Israele. Solo due esploratori (Giosué e Caleb) incoraggiano vivacemente il popolo dicendo: Se il Signore ci sarà favorevole, ci introdurà in quella terra e ce la darà. Soltanto non vi ribellate al Signore e non abbiate paura (cfr Nm capitoli 13-14). Solo gente che ha la stoffa di Giosué e di Caleb può aiutare il popolo di Israele a muoversi verso la terra promessa. Ringraziamo il Signore per le tantissime persone (presbiteri, religiosi, laici…) che nella nostra Chiesa con generosità sorprendente sentono la responsabilità dell’annuncio del Vangelo.
  3. Infine sottolineo delle difficoltà oggettive – quindi non dipendenti dalla nostra concreta situazione o dalla nostra volontà – che rendono difficile l’individuazione di un cammino condiviso:
    • ogni parrocchia ed ogni realtà ecclesiale ha infatti le proprie caratteristiche, la propria storia, le proprie risorse, i propri limiti;
    • l’azione pastorale non è una semplice e pura questione organizzativa: attraverso la sua azione pastorale la chiesa porta l’uomo all’unione con Dio, anzi alla partecipazione alla vita trinitaria. Come si fa a programmare un itinerario che riguarda la verità intima dell’uomo ed il suo destino eterno?
    • C’è poi una difficoltà che definirei radicalmente cristiana. Gesù nel Vangelo dice: senza di me non potete far nulla (cfr Gv 15). Una programmazione pastorale che dimentica questa verità teologica non solo è sterile, ma pericolosissima. Non si tratta di coinvolgere qualcuno o semplicemente di andare in qualche modo d’accordo: nella chiesa si cammina unicamente dietro Gesù, Signore e Salvatore nostro.
    • Vi è infine una difficoltà a me cara perché fa riferimento alla mia esperienza personale: è semplicemente ridicolo che una persona (fosse anche il vescovo) o anche un gruppo di persone, vogliano costruire qualcosa a propria immagine e somiglianza. L’unico che può creare qualcosa a propria immagine è Dio!

CAMMINARE INSIEME: UNA GRANDE GRAZIA

E tuttavia necessariamente occorre sottoporsi alla fatica di elaborare delle linee pastorali, un programma pastorale comune. E questo per una serie di motivi chiari tanto quanto le difficoltà che ho elencato.

  • E’ vero che non possiamo costruire le cose a nostra immagine e somiglianza, ma è altrettanto vero che evitare lo sforzo di elaborare un progetto o non rendersi partecipi di un progetto comune sono il segno del medesimo individualismo e qualche volta (e questo è più grave) sono anche il segno di una pigrizia che tenta continuamente di autogiustificarsi.
  • E’ vero che Gesù ha detto: senza di me non potete far nulla. Ma Gesù dice ai suoi apostoli: Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra (cfr At 1).
  • E’ vero che l’azione pastorale ha a che fare con una realtà incommensurabilmente grande, ma è altrettanto vero che nei Vangeli risplende la pedagogia paziente di Gesù sia nei confronti della folla che lo ascolta che nei confronti degli stessi discepoli. Papa Francesco ci sta dando un esempio straordinario di questa pedagogia indicando priorità e stili di azione pastorale.
  • E’ vero che ogni comunità e realtà ecclesiale ha le proprie caratteristiche e che un progetto pastorale non può essere una specie di frullatore, ma è altrettanto vero che quando una persona, un gruppo di persone, una comunità ecclesiale si rinchiude in se stessa s’impoverisce. Il soggetto dell’azione pastorale è sempre la Chiesa (nella liturgia eucaristica si usano delle parole bellissime: non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua chiesa):
    • ogni gruppo è inserito in un contesto più ampio: la parrocchia (cfr Costituzione Conciliare Sacrosantum Concilium n. 42: Le parrocchie infatti rappresentano in certo modo la chiesa visibile stabilita su tutta la terra);
    • ogni comunità parrocchiale è inserita in una diocesi (cfr Decreto Conciliare Christus Dominus n. 11: La diocesi costituisce una chiesa particolare nella quale è veramente presente e agisce la chiesa di Cristo, una santa, cattolica e apostolica);
    • ogni diocesi è inserita nella chiesa universale (cfr Decreto Conciliare Christus Dominus n. 30: i parroci coi loro cooperatori devono svolgere la loro funzione di insegnare, di santificare e di governare in modo che i fedeli e le comunità parrocchiali si sentano realmente membri non solo della diocesi, ma anche della chiesa universale).

CAMMINARE CON TUTTA LA CHIESA

Il nostro cammino di chiesa sabina s’inserisce nel cammino della chiesa universale: metterci in sintonia con tutta la chiesa significa dare respiro al nostro cammino e significa anche trovare le indicazioni che ci aiutano a mettere insieme quelle esigenze contrapposte a cui accennavo.

Si possono dare al riguardo molte indicazioni e suggerimenti. Mi limito a sottolineare due punti di riferimento fondamentali: La Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte del Beato Giovanni Paolo II (Lettera Apostolica al termine del Grande Giubileo dell’Anno 2000) ed il Documento dei Vescovi Italiani Educare alla vita buona del Vangelo (Orientamenti pastorali dell’Episcopato Italiano per il decennio 2010-2020).

Invito tutti a rileggere spesso la Novo Millennio Ineunte ed in particolare i capitoli III e IV. Il Beato Giovanni Paolo II (fra pochi mesi santo!) indicava, all’inizio del nuovo millennio, un cammino estremamente concreto:

  • In primo luogo non esito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pastorale è quello della santità… Ricordare questa elementare verità potrebbe sembrare qualcosa di scarsamente operativo. In realtà è una scelta gravida di conseguenze. Significa esprimere la convinzione che, se il Battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre (cfr nn. 30 e 31)
  • Impegnarci con maggiore fiducia, nella programmazione che ci attende, a una pastorale che dia tutto il suo spazio alla preghiera, personale e comunitaria, significa rispettare un principio essenziale della visione cristiana della vita: il primato della grazia (cfr n. 38)
  • Fare della chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo (cfr n. 43)

La grandezza e la santità di Giovanni Paolo II ci danno queste tre parole che rendono chiaro e sicuro il nostro cammino: santità, primato della grazia, la chiesa casa e scuola di comunione.

Un secondo punto di riferimento fondamentale per il nostro cammino diocesano è costituito dagli Orientamenti Pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020. La lettura di questo testo è piuttosto impegnativa: mi limito, anche in questo caso, a sottolineare alcuni punti:

  • Nel titolo del documento si parla di educazione. L’uso di questo termine non deve trarre in inganno. Infatti al n° 3 si dice che l’educazione non è una questione che riguarda solo i ragazzi e i giovani: ci è chiesto un investimento educativo capace di rinnovare gli itinerari formativi, per renderli più adatti al tempo presente e significativi per la vita delle persone, con una nuova attenzione per gli adulti.
  • Il termine educazione viene specificato da un ulteriore termine: emergenza. Parlare di emergenza educativa significa porre un’attenzione particolare alle nuove generazioni nella consapevolezza che ci si scontra con una realtà che sembra indicarci una incapacità a trasmettere, da una generazione all’altra, qualcosa di valido.
  • Nel quinto capitolo degli Orientamenti Pastorali si danno le indicazioni per la progettazione pastorale e si evidenziano obiettivi e scelte prioritarie. Al primo posto viene evidenziata l’iniziazione cristiana. So che è un discorso piuttosto vecchio nella nostra diocesi. Ma credo che sia inevitabile continuare ad insistere su quest’argomento. Il problema non è solo nostro, ma di tutta la chiesa italiana.

IL NOSTRO CAMMINO CONCRETO

Il Signore nella sua Provvidenza mi ha chiamato a servire ed amare la Chiesa Sabina. Provo ora a proporre delle attenzioni che hanno come unico fine aiutare la nostra chiesa ad amare e servire Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore.

Il presbiterio diocesano

Esiste un documento nel quale si insegna ai vescovi a… fare il loro mestiere (si chiama Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi). In questo documento al n. 75 si dice: nell’esercizio della cura delle anime la principale responsabilità spetta ai presbiteri… (essi) infatti sono i principali ed insostituibili collaboratori dell’ordine episcopale, insigniti dell’unico ed identico sacerdozio ministeriale di cui il Vescovo ed i presbiteri sono costituiti ministri della missione apostolica. Non voglio clericalizzare la nostra chiesa: la comunità cristiana non è fatta solo dai preti! Ma il ministero presbiterale non può essere visto come una dimensione organizzativa della chiesa: appartiene all’essenza della comunità ecclesiale. Questo significa che è impossibile parlare di cammino ecclesiale se questo cammino non è sostenuto da coloro che sono costituiti ministri della missione apostolica.

Quest’anno il vescovo ed i presbiteri faranno un cammino di verifica ponendosi una domanda semplicissima: siamo capaci di essere segno della presenza del Signore Gesù per il popolo di Dio?

Desidero ringraziare il Consiglio Presbiterale che mi ha aiutato a tracciare le linee di questa verifica. Ringrazio tutti i sacerdoti che sono al servizio della chiesa sabina per aver accolto con entusiasmo questa proposta. Ringrazio il popolo santo di Dio: proprio in questi mesi ho vissuto dei momenti (lieti e tristi) nei quali ho toccato con mano l’affetto e la stima che avete per i vostri sacerdoti. Spero, sempre con l’aiuto del Consiglio Presbiterale, di trovare le modalità per coinvolgere tutta la Comunità diocesana in questa verifica e di condividerne il frutto con tutte le realtà ecclesiali.

Ve lo ripeto con estrema franchezza e insistenza:

  • è impossibile parlare di cammino ecclesiale se nel presbiterio non c’è unità, stima reciproca, vera comunione
  • ogni cammino ecclesiale per essere veramente tale deve essere sempre un cammino di conversione

La formazione

Non voglio clericalizzare la chiesa. Tantomeno voglio clericalizzare i laici. Ma il secondo punto essenziale di quest’anno pastorale (e dei futuri) sarà il riavvio e il rafforzamento di tutte le proposte di formazione. Questo tema della formazione deve diventare un pensiero fisso: in ogni gruppo, in ogni parrocchia la formazione dei laici ha una priorità assoluta. Anche a livello diocesano mi auguro che si promuova una formazione unitaria che è un ulteriore presupposto indispensabile di un cammino comune.

Abbiamo fatto ripartire un centro di formazione per la pastorale a Passo Corese. Non si tratta semplicemente di una scuola di teologia ma di un centro di formazione, cioè di un laboratorio nel quale progressivamente saranno elaborate proposte formative indirizzate ad una crescita globale del laicato. Non a caso il centro di formazione è stato chiamato il testimone.

Tutte le proposte e tutte le idee richiedono una verifica che si fa con il tempo: ma spero veramente che il centro di formazione di Passo Corese possa diventare nel futuro veramente il luogo in cui la proposta di un cammino pastorale condiviso trova la sua attuazione e la sua spinta creativa.

I giovani

Su questo punto mi fermo poco perché credo che sia più che chiaro che davanti a noi c’è un imperativo urgente: come nelle nostre famiglie tutto si fa per i figli, così la stessa logica deve accompagnare la nostra famiglia ecclesiale.

Abbiamo fatto il Convegno Diocesano su questo tema ed abbiamo parlato di work in progress. Non si tratta di uno slogan ma di un reale impegno e di scelte concrete che la nostra chiesa sabina sta facendo. Ci sono presbiteri e laici che stanno lavorando su dei progetti estremamente precisi: la scuola, la formazione dei formatori, i centri giovanili.

Ogni anno cresimo circa 1.200 ragazzi: facciamo delle belle celebrazioni e poi? Questo pensiero, vi confesso, non mi fa dormire tranquillo: su questo argomento spero che non ci siano forme di chiusura ma solo l’esperienza di una preoccupazione condivisa e capace di proposte.

L’iniziazione cristiana ed una prassi pastorale comune

Nei prossimi anni cercheremo, agganciandoci anche all’itinerario proposto nel centro di formazione, di ripensare l’itinerario dell’iniziazione cristiana con l’obiettivo di giungere ad una prassi pastorale più omogenea fra le varie comunità parrocchiali.

In particolare quest’anno la riflessione riguarderà il battesimo (ecco perché sulla quarta di copertina dell’agenda diocesana c’è il fonte battesimale di Vescovio). Nei laboratori che si terranno nel centro per la formazione pastorale si lavorerà per:

  • Formare catechisti per la preparazione dei genitori al Battesimo dei figli
  • Formare catechisti per un itinerario post battesimale con le famiglie
  • Aiutare i catechisti a presentare il Battesimo nella preparazione alla Prima Comunione e Cresima
  • Formare catechisti per l’Iniziazione Cristiana degli adulti

Mi auguro che progressivamente tutte le parrocchie della diocesi abbiano lo stesso schema e la stessa impostazione nella preparazione al Battesimo che deve sempre più essere un’occasione di nuova evangelizzazione e non un incontro lasciato alle libere iniziative o a catechesi improvvisate che non portano da nessuna parte. Tutte le parrocchie della Diocesi avranno lo stesso numero di incontri di preparazione al Battesimo, scoraggiando così la pastorale dei migranti (genitori che chiedono il Battesimo dove ci sono meno incontri o addirittura dove questi non vengono fatti). Tutti i catechisti che preparano al Battesimo avranno due schemi diversi di catechesi: una per il primo figlio da battezzare, l’altra per il secondo figlio.

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Al termine di questa lettera mi viene in mente un passo del vangelo: Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare (Mc 6,30-31).

Certamente l’impegno apostolico è faticoso, ma nella nostra chiesa sabina ci sono tante persone preparate, capaci e generose. Questa generosità, questa fede immensa, questa passione apostolica di tanti laici mi ha sempre colpito profondamente. Forse sarà faticoso camminare insieme, certamente ci saranno difficoltà, ma ci sono e ci saranno mille motivi per gioire e per ringraziare!

Con l’affetto che conoscete imploro su di me e su di Voi la benedizione del Signore

il Vostro Vescovo
+ Ernesto

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